Ormai mi capita spesso. Quando sono in giro per Milano
con il Supercub e mi fermo al semaforo, guardo le motociclette degli
altri. Per due anni è stato facile tenere a bada questa vecchia
passione, quella per le motociclette. Ora si sta rifacendo viva. Il
piacere di salire in sella solo per il gusto di andare, andare verso le
montagne, improvvissare un itinerario cercando solo buone curve e bei
paesaggi.
L'unica differenza è che guardo motociclette diverse da quelle di
allora. Una volta sognavo supersportive urlanti, carenature integrali, tute di pelle
da Power Rangers e gomme consumate sui fianchi. Ora sono più attratto da
moto dall'estetica vintage, dal trottare piano piano, dall'andare in
giro in maniera più scazzata e spensierata.
Ultimamente sento il
bisogno di stare un po' con me stesso. Di prendere il mio spazio. Ho poco
tempo per leggere, per ascoltare musica, per guardare film. La motocicletta ti permette di chiuderti in un mondo molto individuale. La testa nel casco, il rumore del vento e del motore, il caldo dei cilindri e dei collettori che stanca le gambe. In moto hai tempo per pensare, puoi deviare la strada con facilità, parcheggiare (quasi) dove vuoi. In moto sei solo con te stesso e impari a metaforizzare la strada, le curve, il traffico e il clima.
Comincia a mancarmi non guidarne più una da ormai più di due anni, anche se ci sono cose delle moto che invece non mi mancano affatto, come il clonk rumoroso e duro tra la prima e la seconda.
Non escludo il ritorno, come cantava Califano, anche se sicuramente non in tempi brevi. La prima è sempre in basso e non credo di dimenticarlo.
Nessun commento:
Posta un commento